Die polnischen Quellen aus dem 16. 18. Jh. enthal ten zahlreiche Mitteilungen über in Kirchen hän gende Fahnen, die Verstorbenen gewidmet waren und die wir im weiteren Verlauf Grabfahnen nen nen werden. Solche Grabfahnen waren auch auf einigen benachbarten Territorien bekannt, vor al lem in Preußen. Von ihrer Popularität zeugen zu sätzlich Erwähnungen in den Werken der polni schen Poeten, wie Jan Kochanowski, Wespazjan Kochowski, Waclaw Potocki und Zbigniew Mor stin'. Aus den Hunderten, vielleicht sogar Tausen den ehemals existierender Fahnen dieser Art sind nur wenige erhalten geblieben. Dank alter Photo graphien sind einige weitere bekannt, die im Zwei ten Weltkrieg zerstört wurden. Fast alle tragen ausführliche Inschriften und, was das wichtigste 1
Artykuł przedstawia wybrane zagadnienia dotyczące ukazania polskiego stroju narodowego na portretach z w. XVII–XX. Portrety stanowią cenny materiał dla poznania tego zjawiska od strony kostiumologicznej, symbolicznej, a nawet politycznej, szczególnie w zestawieniu ze źródłami z epoki. W do ok. 1750 męski strój narodowy, pochodzenia węgiersko-orientalnego, miał wśród Polaków zdecydowaną przewagę i był uważany za znak rycerskiej tradycji szlachty. W 2. połowie w. XVIII wybór stroju polskiego w opozycji do zachodnioeuropejskiego był wyznacznikiem poglądów zachowawczych na poziomie kulturowym i politycznym, ale w okresie Sejmu Czteroletniego stał się wyrazem postawy patriotycznej. W XIX w. początkowo trwał peryferyjnie (niekiedy, spotykamy go na portretach zawierających indywidualne przesłania ikonograficzne), a na szeroką skalę powrócił w 2. poł. stulecia w Galicji. Był powszechnie noszony przez tamtejszą elitę arystokratyczną i polityczną oraz zyskał oficjalny status na dworze cesarskim w Wiedniu. Sporadycznie pojawiał się jeszcze w okresie międzywojennym, przede wszystkim w czasie arystokratycznych uroczystości rodzinnych, był też jedną z wersji stroju, do którego można było nosić odznaczenia państwowe. Większość powyższych zjawisk można egzemplifikować na podstawie odpowiednio dobranych portretów, a źródła (przede wszystkim pamiętniki) stanowią ikonograficzny klucz wyjaśniający motywacje osób portretowanych i artystów. Summary: The paper presents selected problems concerning the representation of the Polish national costume in portraits of the 17th-20th centuries. Portrait make a valuable material allowing to investigate this phenomenon from the costumological, symbolic and even political point of view, especially when juxtaposed with historical sources. Until around 1750, the male national costume of Hungarian-oriental origin had a definite advantage among Poles and was considered a sign of the knightly tradition of the nobility. In the second half of the 18th century, the choice of the Polish attire in opposition to the Western European one was a sign of a conservative attitude on the cultural and political level, but in the period of the Four Years’ Sejm (1788–1791) it became an expression of a patriotic attitude. In the 19th century, initially it was used rather peripheraly (sometimes, we find it in portraits containing individual iconographic messages), and returned on a large scale in the second half of the century in Galicia (i.e. the part of Poland occupied by Austria). It was commonly worn by the local aristocratic and political elite and gained official status at the imperial court in Vienna. It appeared sporadically in the period between 1st and 2nd World War, especially during aristocratic family celebrations. It was also one of the versions of the outfit that could be worn with state decorations. Most of the above phenomena can be exemplified on the basis of appropriately selected portraits, and the sources (mainly diaries) offer the iconographic key explaining the motivations of the portrayed people and artists.
Precisazioni sulla storia e sulla struttura delle Vite dei pittori genovesiNel 1674 fu pubblicato a Genova il libro di Raffaele Sopra ni, intitolato Le vite de'pittori, scoltori et architetti genovesi... 1 L'autore, nato nel 1612 e morto nel 1672, apparteneva ad una famiglia nobile benestante e due volte esercitò l'incarico di se natore della repubblica. I suoi veri interessi furono però legati non alla politica, ma all'arte e alla letteratura. Avendo acquista to una educazione umanistica relativamente ampia, il Soprani studiò parecchi anni la pittura, presso il frescante Giulio Benso e più tardi presso Pellegro Piola. Secondo la sua stessa testimo nianza, egli fu particolarmente attratto dalla pittura di genere e di paesaggio di Sinibaldo Scorza e di Goffredo Waals.2 Il So prani non diventò mai un pittore professionale ed i suoi lavori non sono noti. Del resto, con molta probabilità relativamente presto egli dovette scoprire come la sua vera vocazione fosse più la penna che il pennello. Le Vite non fu la sua unica opera.Il Soprani è anche l'autore di una importante bibliografia degli scrittori liguri 3 e di alcuni altri testi per la maggior parte rimasti in forma di manoscritto.Le circostanze complesse della creazione e della pubblica zione delle Vite sono già state in una grande parte chiarite, 5 anche se gli indici contenuti nel libro stesso permettono di ag giungere alcuni particolari nuovi. Secondo la sua autobiogra fia, il Soprani cominciò a raccogliere materiali sugli artisti ge novesi molti anni prima dell'edizione postuma del suo lavoro.L'impulso diretto venne dall'editore bolognese, Carlo Manoles si, che nel 1647 pubblicò Le Wfedel Vasari e, volendo preparare la loro continuazione, si rivolse al Soprani per le informazioni sull'arte genovese. La pubblicazione del libro fu invece suggeri ta al Soprani dal suo maestro ed amico, Giulio Benso. 6 La pri ma versione del lavoro conteneva le notizie sugli artisti morti prima della grande peste del 1657. 7 Le sue origini devono quindi essere situate ipoteticamente fra il 1647 e il 1657, perchè altri menti non si spiegherebbe l'omissione di tutta la generazione degli artisti mancati durante la peste. Nel 1665 il Soprani com pletò e rielaborò il manoscritto ("ridusse [l'opera] La realizzazione definitiva del progetto fu impedita dalla morte prematura del Soprani, preceduta dalla malattia e dalla scom parsa della moglie (1670), alla quale egli era particolarmente attaccato. L'idea della pubblicazione delle Vite fu ripresa poco dopo da un circolo di amici del Soprani, letterati ed amatori d'arte: P. Angelico Aprosio, Giovanni Niccolò Cavanna, Luca De Forna ri ed il pittore Giovanni Battista Casone.10 Quest'ultimo si im pegnò a rielaborare e completare il manoscritto. Secondo una delle sue lettere egli avrebbe dovuto introdurre nel libro circa 80 "soggetti" omessi dal Soprani, ma non desiderava che il suo nome figurasse nella stampa. 11 Dopo che il testo fu bloccato a lungo da parte della censura statale ed ecclesiastica e in se guito a difficoltà con le ill...
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