1951
DOI: 10.1093/mq/xxxvii.1.10
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“SODAINE AND UNEXPECTED” MUSIC IN THE RENAISSANCE1

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“…Nei loro aspetti musicali queste prassi popolari urbane, ispirate a quelle rurali, vengono discusse dai teorici dell’epoca qualificandole con termini latini quali l’aggettivo vulgaris e l’avverbio vulgariter . Una musica usualis o vulgaris , ordinaria nel gusto, popolare negli atteggiamenti e nelle tecniche, caratterizzata da quella relativa assenza di regole su cui molti commentatori insistono, si contrappone per secoli, dall’inizio del Trecento fino al Seicento inoltrato, alla musica “regolata” (Ferand, 1951: 20–21 e n. 33). 9 La discussione riguarda principalmente le regole del contrappunto, in particolare il cantare super librum o “contrappunto alla mente”, improvvisato.…”
Section: “Pop” “Folk” Sregolatezzaunclassified
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“…Nei loro aspetti musicali queste prassi popolari urbane, ispirate a quelle rurali, vengono discusse dai teorici dell’epoca qualificandole con termini latini quali l’aggettivo vulgaris e l’avverbio vulgariter . Una musica usualis o vulgaris , ordinaria nel gusto, popolare negli atteggiamenti e nelle tecniche, caratterizzata da quella relativa assenza di regole su cui molti commentatori insistono, si contrappone per secoli, dall’inizio del Trecento fino al Seicento inoltrato, alla musica “regolata” (Ferand, 1951: 20–21 e n. 33). 9 La discussione riguarda principalmente le regole del contrappunto, in particolare il cantare super librum o “contrappunto alla mente”, improvvisato.…”
Section: “Pop” “Folk” Sregolatezzaunclassified
“…Tra il pieno Rinascimento e il barocco si afferma la tendenza a denigrare la musica vulgaris , sia dal punto di vista tecnico, sia applicandovi una chiave di lettura estetica e sociale. Da Heinrich Faber (1548) a Johannes Nucius (1613) fino a Johann Andreas Herbst (1643) si documenta – e si biasima – questa usualis musica basata su polifonie improvvisate nelle taverne pubbliche da lavoratori umili e artigiani che cantavano i loro canti “senza alcuna conoscenza della musica e dell’arte del canto”, solitamente al solo scopo di “intrattenere se stessi” (Ferand, 1951: 24 e passim ).…”
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