The article analyzes how the COVID-19 pandemic has affected the management of reception centers for refugees and asylum seekers in Italy. By analyzing the transformation of Italian reception policies in the last years, the article shows the relationship between these changes and the condition of refugees and asylum seekers in these centers during the COVID-19 pandemic. Overcrowded housing, the absence of institutional guidance on managing the situation, and the interruption of many migrants’ migratory projects are the main findings that emerged. The article is based on digital ethnographic techniques, in addition to phone interviews with key speakers of the social contexts monitored online.
Riassunto L’emergenza Covid-19 e le legislazioni d'urgenza emanate dai governi europei incidono in modo profondo sulla dimensione migratoria contemporanea, così come sulle forme e sui modi di studiarla. Il presente contributo, frutto di una “ricerca in quarantena”, si contestualizza nella prima fase dell’irrompere della pandemia in Italia e in Francia (fine febbraio - inizio giugno 2020), segnata dal lockdown nazionale in entrambi i Paesi. L’articolo propone, in primo luogo, una riflessione metodologica relativa al fare etnografia delle migrazioni in tempi pandemici e, di seguito, un’analisi delle conseguenze del Covid-19 sul confine franco-italiano e sull’azione delle reti solidali ai migranti in transito. Il materiale empirico è basato su venti interviste telefoniche semi-strutturate con interlocutori chiave della solidarietà ai migranti sul confine; è costruito inoltre attraverso tecniche di etnografia digitale, quali l’analisi di pagine Facebook e blog dei gruppi intervistati, e su una ricerca emerografica e documentale di carattere locale, nazionale ed internazionale.
A partire dal 2015, con la "chiusura" di diverse frontiere interne in Europa, migliaia di migranti rimangono bloccati nel tentativo di varcare il confine tra l'Italia e la Francia. Come in altre borderlands, in Val di Susa - luogo storicamente caratteriz-zato da diverse mobilitazioni territoriali - al confine con il Brianzonese, emergono due reti di solidarietà, che supportano senza alcuna contropartita mercantile il viaggio dei migranti attraverso l'ospitalità, la cura e altre pratiche solidali. Le due reti valsusine si fanno espressione di diversi approcci, discorsi e pratiche, condividendo differenti ambiti di azione e definendo una risposta complementare al passaggio dei migranti sul territorio. Il presente articolo analizza le reti di solidarietà al transito sul nodo di frontiera della Val di Susa, il loro rapporto con le rotte migranti e i processi di criminalizzazione che attorno ad esse si costituiscono. I risultati della ricerca, iniziata nel febbraio 2020 e tuttora in corso, si basano su un processo et-nografico che ha alternato l'immersione sul campo con tecniche di ricerca da remoto, nei periodi in cui le misure anti-pandemiche impedivano la presenza fisica, sulla scia di un approccio multimodale.
This article addresses the process of political organization and unionizing among university researchers in Italy which are formally considered to be ‘in training’. This condition puts them in a sort of liminal space, between being recognized as fully employed professionals and being instead considered lifetime students. Their effort to organize politically can be seen as one of many ways through which students are fighting against the establishment of the neoliberal university model. The analysis is focused on the Italian movement called CRNS - Coordinamento dei Ricercatori non Strutturati (Non-structured Research Fellows Coordination), which formed to address this defining issue. The CRNS experiment aimed at achieving a sense of unity among the fragmented academic workforce and it can be considered a prototype of a new, grassroots form of union activity and organizing. The empirical data used in the analysis consists of ten in-depth interviews with university researchers, all Italian citizens, equally divided between men and women, who have all had to move around, as a function of their career and who have all been involved, to different degrees, in political and union organizing initiatives, regarding their conditions of ‘perpetual students’ rather than ‘not quite employed’.
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