Nell'alto Medioevo il porto di Brindisi fu al centro di una fitta rete di traffici con l'Oriente. Luogo di transito obbligato per mercanti e pellegrini, religiosi e soldati, artisti e crociati, in città non mancavano spazi deputati a celebrare la memoria del «grande taumaturgo» per eccellenza, san Nicola di Myra. Non solo perché le sue spoglie dal 1087 riposavano nella vicina Bari 1 , ma anche in ragione della sua stretta relazione col mare, coi naviganti e con le città portuali, specifici settori di 'competenza' del santo. Nonostante la presenza, attestata da documenti storici, di più edifici liturgici a lui dedicati 2 , centro del culto nicolaiano a Brindisi era la cripta dell'attuale chiesa della Santissima Trinità (ca XIII secolo), meglio nota come «Santa Lucia» ( fig. 1) Trani, 1940, vol. I, pp. 119-120. 4 L'identificazione delle monache presenti nel cenobio con le «Sororum Penitentum» è stata proposta da Giacomo Carito sulla base di un documento del 1248 in G. CARITO, La chiesa della Santissima Trinità in Brindisi, in A. CAPUTO et al., La chiesa della Santissima Trinità Santa Lucia, Oria, 2000, p. 9 Bari-Matera-Barletta, 19-22 maggio 1994, Bari, 2001 Di questo parere è anche Valentino Pace, con cui ho avuto modo di confrontarmi durante una serie di sopralluoghi congiunti al monumento. Lo studioso, in precedenza, aveva sostenuto che la cripta, sulla base della datazione dei capitelli all'ultimo quarto del XII secolo, fosse riferibile a data anteriore a quella della struttura soprastante, cfr. V. PACE, La pittura delle origini in Puglia (secc. IX-XIV), in P. BELLI D 'ELIA et al., La Puglia fra Bisanzio e l'Occidente,