The COVID-19 pandemic has prompted a unique global experience, arousing both exclusionary nationalistic and inclusionary responses of solidarity. This article aims to explore the discursive and linguistic means by which the COVID-19 pandemic, as a macro-event, has been translated into local micro-events. The analysis studies the global pandemic through the initial statements of 29 leading political actors across four continents. The aim is to examine discursive constructions of solidarity and nationalism through the social representation of inclusion/exclusion of in-, out-, and affiliated groups. The comparative analysis is based on the theoretical and methodological framework of the socio-cognitive approach to critical discourse analysis and is informed by argumentation theory and nationalism studies. The results of our analysis suggest that leaders have constructed the virus as the main outgroup through the metaphors of the pandemic-as-war and the pandemic-as-movement which have entered the national space. Faced with this threat, these speeches have discursively constructed the nation-as-a-team as the main in-group and prioritized (1) a vertical type of solidarity based on nationhood and according to governmental plans; (2) exclusionary solidarity against rule-breakers; (3) horizontal solidarity that is both intergenerational and among family members, and (4) transnational solidarity. It is not by chance that the world stands as a relevant affiliated group that needs to forcibly collaborate in order to face the main outgroup, the virus itself. A major consensus has been found in constructing the out-group. In contrast, the linguistic and discursive constructions of in-groups and their affiliates display a greater variation, depending upon the prevalent discursive practices and social context within different countries.
No abstract
Appassionato, coinvolgente, necessario. Voci Nere è un libro sulla unicità e, insieme, sulla universalità del canto afroamericano. È un libro scritto ad alta voce, come dichiara lo stesso autore (9), Gianpaolo Chiriacò, antropologo della musica, studioso di canto e docente di etnomusicologia presso la Libera Università di Bolzano. Chiriacò propone il suo punto di vista, posizionato all'intersezione tra storia e antropologia, sul tema della vocalità black, ma facendo spazio alle voci degli altri, di tutte le persone incontrate in oltre due anni di ricerca sul campo e in archivio. Tra il 2012 e il 2014 ha lavorato quotidianamente nel Center for Black Music Research di Chicago nell'ambito del progetto Afrovocality, che ha investigato il ruolo degli stili vocali tradizionali nel rimodellare le identità culturali connesse alla diaspora africana in America e in Europa. È da questa intensa esperienza che nasce questo libro, pensato per docenti e studenti di etnomusicologia, popular music studies, cultural studies, canto jazz e pop, ma fruibile da qualsiasi lettore interessato al tema del ruolo 'sociale' della voce nella cultura afroamericana.È un libro scritto ad alta voce anche per la sua narrazione "transmediale" (Jenkins, 2007), grazie agli efficaci inserti di QR-Code 1 , che rimandano ai contenuti audiovisivi a cui si fa rifermento nel testo (tutti disponibili nella sezione "Multimedia" del sito del progetto di ricerca www.afrovocality.com), offrendo una lettura piacevolmente dinamica.Il volume è strutturato in due parti: nella prima, "Un'oralità imposta", la prospettiva è prevalentemente di tipo storico, mentre nella seconda parte, "Dall'era post-razziale al trauma Trump", emerge la prospettiva antropologica. I due punti di vista, tuttavia, si intersecano continuamente, data la natura interdisciplinare del discorso sulla voce, che lascia da parte qualsiasi approccio lineare o percorso unidirezionale. Già dalle prime pagine emerge che "la storia di una voce è qui anche la voce di una storia" (12). Nel primo capitolo, infatti, Chiriacò si sofferma sul concetto di "memorie loquaci": la tradizione orale afroamericana cancella lo scarto temporale tra il passato degli ancestors (gli antenati, che vengono definiti, secondo il concetto coniato dalla studiosa Farah Jasmine Griffin, "talkative", loquaci) e il presente del performer che non rappresenta mai solo se stesso, ma incarna una continuità identitaria. Questo concetto fondamentale viene efficacemente spiegato al lettore raccontando l'esibizione di Tammy McCann che, in una serata a Chicago nel 2014 dedicata a Nina Simone, sceglie di interpretare il brano "Black Is the Colour of My True Love's Hair", un canto popolare tradizionale originario degli Appalachi ed entrato a far parte del repertorio
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