The term stuck catheter refers to the condition in which a catheter is not removable from a central vein using standard techniques. Although it is a rare complication, in the last few years it has been reported ever more frequently in hemodialysis due to the widespread use of tunneled catheters. Poor knowledge of the correct procedures and limited experience and training of the specialist in facing this problem are the main reasons for catheter internalization. Stuck catheter is often diagnosed by the nephrologist who should be competent enough to manage this clinical complication. Among the many options for removing a stuck catheter from the fibrin sleeve, an interventional radiology approach, mainly with endoluminal balloon dilatation, probably provides the best solution. Vascular surgery should be reserved to selected cases in which percutaneous techniques have failed. Nephrologists must play a central role in organizing the treatment of this complication with other specialists in order to avoid making mistakes that may preclude future positive results.
The Venous Window Needle Guide (VWINGTM) has recently been proposed for patients with difficult arteriovenous fistula (AVF) access for hemodialysis due to deep vessels or other cannulation-related problems. This totally subcutaneous titanium device is sutured onto the upper wall of the matured fistula and may facilitate cannulation by the button-hole technique. We describe our initial experience with nine implants in six patients with a cumulative followup of 83 months, and make some experience-based technical suggestions for implant and surveillance radiological imaging. The indication for implantation was deep vessel, previous failure of cannulation or unsuitable site for direct cannulation. No infectious complications were observed during follow-up and proper blood flow was constantly achieved. Some difficulties were occasionally encountered with regard to cannulation; nonetheless, patient satisfaction was not significantly affected. VWING seems to be an interesting option in some patients provided that surgical implantation is carefully carried out and preventive measures against infections are strictly observed.
La stenosi dell'arco cefalico rappresenta un'entità unica nel capitolo delle stenosi delle FAV arterovenose in campo dialitico. L'arco cefalico, cioè l'ultimo tratto di vena cefalica prima della sua confluenza nella vena ascellare è sede frequente di stenosi, quasi sempre riscontrabile con fistole prossimali. La presenza di numerose valvole che rispondono con un processo di ipertrofia all'aumento del flusso ematico, la riduzione dello shear stress per l'alterata emodinamica legata alla geometria dell'arco e la rigidità delle strutture che circondano il vaso, rappresentano le principali cause favorenti lo sviluppo della stenosi. La diagnosi è relativamente agevole attraverso un attento esame obiettivo e l'ultrasonografia, ma il trattamento si rivela spesso impegnativo per l'elevata resistenza della lesione alla dilatazione e la tendenza della stenosi alla recidiva. Langioplastica rappresenta la prima opzione terapeutica, ma richiede un'attenta valutazione tecnica nella scelta e nell'utilizzo di palloni ad alta pressione. L'utilizzo di stent o stent-graft costituisce una ulteriore strategia nei casi di recidiva stenotica precoce. La chirurgia può essere considerata una soluzione alternativa ma più ragionevolmente costituisce un approccio successivo e si avvale di interventi di trasposizione della vena o di posizionamento di ponte protesico. La riduzione chirurgica del flusso della FAV può essere razionale nei casi di accesso vascolare ad alta portata. In tutti i casi l'elevata frequenza di recidive impone una stretta sorveglianza della FAV per garantirne la pervietà a distanza.
La stenosi dell'arco cefalico rappresenta un'entità unica nel capitolo delle stenosi delle FAV arterovenose in campo dialitico. L'arco cefalico, cioè l'ultimo tratto di vena cefalica prima della sua confluenza nella vena ascellare è sede frequente di stenosi, quasi sempre riscontrabile con fistole prossimali. La presenza di numerose valvole che rispondono con un processo di ipertrofia all'aumento del flusso ematico, la riduzione dello shear stress per l'alterata emodinamica legata alla geometria dell'arco e la rigidità delle strutture che circondano il vaso, rappresentano le principali cause favorenti lo sviluppo della stenosi. La diagnosi è relativamente agevole attraverso un attento esame obiettivo e l'ultrasonografia, ma il trattamento si rivela spesso impegnativo per l'elevata resistenza della lesione alla dilatazione e la tendenza della stenosi alla recidiva. Langioplastica rappresenta la prima opzione terapeutica, ma richiede un'attenta valutazione tecnica nella scelta e nell'utilizzo di palloni ad alta pressione. L'utilizzo di stent o stent-graft costituisce una ulteriore strategia nei casi di recidiva stenotica precoce. La chirurgia può essere considerata una soluzione alternativa ma più ragionevolmente costituisce un approccio successivo e si avvale di interventi di trasposizione della vena o di posizionamento di ponte protesico. La riduzione chirurgica del flusso della FAV può essere razionale nei casi di accesso vascolare ad alta portata. In tutti i casi l'elevata frequenza di recidive impone una stretta sorveglianza della FAV per garantirne la pervietà a distanza.
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