INTRODUZIONEIl citomegalovirus umano (HCMV) è un virus ubiquitario responsabile, nell'ospite immunocompetente, di infezioni generalmente asintomatiche e, solo in pochi casi, di mononucleosi e epatite (9) soprattutto a carico di pazienti immunocompromessi. Particolarmente importante è l'infezione congenita con manifestazioni cliniche che vanno da forme asintomatiche (90% dei casi) a gravi danni al feto fino, in rari casi, alla morte per aborto (6,7,19). In seguito alla latenza che segue un'infezione primaria possono esserci periodiche riattivazioni per cui la trasmissione in utero può avvenire sia durante un'infezione primaria che durante le riattivazioni (4) anche se il rischio di infezione congenita è più alta nelle infezioni primarie rispetto ai casi di riattivazione o di reinfezione con altri ceppi (4,6,7,20). Per la diagnosi sierologica di infezione da HCMV si utilizzano test per la ricerca di anticorpi anti-HCMV di classe G e M. L'utilizzo delle IgM, presenti nelle infezioni primarie (10), ha, però alcuni limiti in quanto, in alcuni casi, le IgM possono essere ancora positive, anche se generalmente a livelli bassi, per più di 12 mesi (18). Le IgM possono, inoltre, essere prodotte anche durante le riattivazioni o reinfezioni soprattutto nei pazienti immunocompromessi (14, 16) o, in corso di infezione primaria da EBV, come conseguenza dell'attivazione policlonale dei linfociti B da parte dell'EBV (5). Di conseguenza le IgM, una volta confermate, possono rilevare differenti situazioni come infezione primaria acuta, fase convalescente di infezione primaria o persistenza di IgM soprattutto se i livelli delle IgM sono bassi (16). Risulta determinante, quindi, utilizzare altri test per distinguere tra infezione primaria e non primaria non solo in gravidanza per identificare infezioni a rischio di trasmissione al feto, ma anche, in pazienti con sintomatologia clinica evidente, per porre una diagnosi differenziale con altre infezioni a sintomatologia simile. In tali situazioni è stato ampiamente utilizzato il test dell'avidità delle IgG (2,8,11,12,16). Le IgG con bassa avidità sono prodotte inizialmente durante il primo mese dell'infezione e man mano che passa il tempo si producono IgG ad alta avidità che risultano essere le sole evidenziabili nei casi di infezioni pregresse o ricorrenti.Utilizzando un test capace di distinguere tra IgG a bassa o ad alta avidità è possibile, quindi, caratterizzare un'infezione. La presenza di alti livelli di IgM e debole avidità, è altamente suggestiva di una infezione contratta da meno di 3 mesi, mentre un'alta avidità tenderebbe ad escluderla (15). I test attualmente in commercio utilizzano un indice di avidità che esprime la percentuale di IgG legate all'antigene in seguito al trattamento con una sostanza denaturante. I risultati sono espressi numericamente ed interpretati come avidità alta, bassa o indeterminata o moderata a secondo dei kit in uso. In caso di avidità indeterminata non è possibile distinguere tra una infezione recente e pregressa. Anche un'avidità moderata non es...